18 maggio 2009

Kotodama: la prima parte

Sai che in Giappone esiste una strana credenza?
Se chiedi a qualche giapponese se ci crede, forse ti dirà di no. Ma il paese viene dominato collettivamente. Lo assicuro.

E' la credenza di kotodama, cioè considerano che le parole hanno il potere magico. Se tu dici qualcosa, quindi con delle parole, si realizza. Cioè le parole uscite chiamano una realtà.
Immagino in questo momento che nessuno capisca cosa sto dicendo. Faccio degli esempi.

In matrimonio giapponese, nessuno dei partecipanti dice le parole che fanno immaginare "separarsi" né "divorziarsi", non solo per evitare la maleducazione. Hanno paura che succederà per la colpa delle parole.
Se uno studente ha un esame di iscrizione per un'università, la sua famiglia sta attenta di non pronunciare "ochiru" o "suberu", perché tutti e due significano "bocciarsi".

Se qualcuno sta morendo sul letto in un ospedale, nessuno della famiglia, parenti, e amici inizia a chiamare l'agenzia di funerale. Anzi se lo fa, verrà attaccato dai tutti, magari uno dei questo penserebbe, "Speri che muore prima possibile?".


Ovviamente non c'è un collegamento tra le parole annunciate e il fatto. Ma è importante che nessuno vuole favorire la minima possibilità. Se succede qualcosa come qualcuno appunto diceva, anche chi l'ha annunciato si sente male.
Io, personalmente so che è una sciocchezza, però non dirò mai le parole collegate del divorzio in matrimonio degli amici, perché non voglio che nessuno si senta male. 

Rimanendo in livello personale, anche se è un discorso stupido e superstizioso, non ci sarà problema.
Però, se questo concetto influenza l'attività economica? Sarà un po' casino.

Quando i giapponesi facevano i contratti tra di loro, i documenti erano semplici, nel senso che non c'erano gli articoli che prevedono ogni piccola possibilità dell'inadempienza. Alla fine del contratto, però c'era una frase che dice, "se succede qualsiasi cosa inaspettata, le persone interessate "discutono onestamente" tra di loro per risolvere"!!!. (In questo caso, devo aggiungere un altro motivo caratteristico che il discutere bene è il miglior modo di risolvere i problemi tra due in opposizione.) Vedevo spesso i contratti di prestiti per il lavoro, ma c'era sempre questa frase. Forse anche adesso si trova...
Dicono che le prime aziende che si erano mosse all'estero hanno avuto i problemi causati dalla mancanza nei loro contratti della menzione delle possibili inadempienze.

"Kotodama" si scrive 言霊. (anche 言魂)
言 "koto" è "parole".
霊(魂) "tama" (collegando con "koto", si pronuncia "dama") è "spirito" o "anima".
La parola "koto" ha un altro ideogramma 事 che intende "fatto". Ora i due ideogrammi hanno i diversi significati, ma nell'era antica, anche dopo dell'importo del kanji dalla cina, il "dire" e il "fatto" avevano un concetto uguale. In un libro antico si vede 言 come 事, e viceversa.   


E' KitKat, un prodotto dolciario di Nestlè.
I giapponesi lo pronunciano "kitto katto", che somiglia un po' "kitto katsu", cioè "vincere assolutamente".
Per cui nel periodo dell'esame vengono acquistati dagli studenti che vogliono  i cioccolatini che portano la fortuna. E' un esempio di kotodama positivo. 

Lana

6 commenti:

  1. studiando antropologia ti posso dire che questa credenza è ampiamente diffusa presso molte culture tradizionali (anche qui in Italia); tecnicamente, questo tipo di caratteristica culturale si potrebbe definire "potere evocativo della parola", idea da ricondurre alle leggi della magia simpatica descritte da Frazer. Gli stregoni o i maghi, quando fanno qualche operazione magica, non si limitano ai gesti, ma pronunciano anche delle formule magiche per fare in modo che ciò che intendono causare sia supportato dal potere della parola, che è una forza creatrice. Che sia una credenza falsa è ovvio, però quando si studiano queste cose non è importante che siano vere o no, perchè non è quello l'obiettivo dello studio

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  2. ah i kitto katto!!>.< seguo da unpò il vistro blog e mi piace molto!!
    わたし は いちねんかん ぐらい にほんご を べんきょします でも。。。むずかしい です ね!

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  3. Interessante.. ormai mi sà che diventero un lettore assiduo del tuo blog!!

    :) devo dire ke per noi "kitto katto" fà ridere!!

    Comunque anke io, come "gomesio", studio un pò di antropologia.. è una materia che devo ancora dare :(
    anche a me è stato spiegato che l'uomo ha delle credenze più o meno comuni a tutte le culture..
    Addirittura a volte si arriva a credere che, oltre la parola, anche il "pensiero" abbia un suo potere!!
    Per esempio se io penso che mi vada male un esame, e poi succede davvero, dò la colpa a quel cattivo pensiero..
    Ovviamente non c'è nulla di reale in tutto questo, ma alcuni studiosi pensano che la superstizione aiuti l'uomo a superare la vita reale..

    _Gabriele_

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  4. Anche io ho studiato per un po antropologia in passato, prima di dedicarmi definitivamente al disegno che è una delle mie passioni nonchè il mio lavoro, e trovo quindi questo genere di interventi molto interessanti! (come d'altronde in pratica tutti gli argomenti di cui si tratta qui, perchè un'altra mia grande passione è proprio la cultura giapponese!!!:D) Comunque ricordo che mia nonna, durante la frittura delle zeppole (anelli di pastella fritta, non dolci, tipici delle mie zone), nel periodo di natale, diceva sempre che non si doveva mai pronunciare la parola "acqua" perchè altrimenti si rischiava di far trasformare l'olio appunto in acqua, e quindi di far venire male le zeppole!!! Un esempio di kotodama italico!! :)

    Karasujin

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  5. Concordo con quanto dice Gomesio...alcune di queste credenze,in particolare quelle sul non chiamare le pompe funbri le conosco

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  6. Bellissimo blog! Complimenti!

    Poi non credo che l'"anima della parola" sia soltanto una sciocchezza. Rimando ai libri di Masaru Emoto che fotografa i cristalli d'acqua. Dopo aver "letto" parole come 'grazie' o 'stupido', il cristallo d'acqua si trasforma.

    Ma augurerei un uso più poetico di questo potere. Non solo dell'evitare, ma anche ed in particolare di creare.

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